TRATTAMENTO CON GUANTI DI SETA GREZZA.
Il trattamento Garṣaṇa è un trattamento a secco eseguito con guanti di seta grezza.
È un trattamento indicato nella stagione primaverile in quanto riduce Kapha dosha che come già ripetuto tende ad accumularsi in questo periodo dell’anno.
Viene stimolata la circolazione, la riattivazione del microcircolo sanguigno, il ristagno dei liquidi viene drenato. La logica ayurvedica del trattamento mira a una purificazione profonda e alla riattivazione ed equilibrio di numerosi fattori legati ai dosha.
Dopo la frizione con i guanti di seta il corpo viene cosparso da una mistura di olio ayurvedico specifico medicato e sale, lasciata ad agire per diversi minuti in modo che l’azione dell’olio possa penetrare in profondità.
Il trattamento Garṣaṇa è un trattamento che dona leggerezza, morbidezza e splendore della pelle.
Un toccasana nella stagione primaverile.
Il testo continua ancora:
Energia, espirazione ed inspirazione, attività corporee, trasformazione bilanciata dei tessuti ed eliminazione appropriata degli scarti dipendono dall’azione normale di Vāta.
Visione, digestione, calore, fame, sete, morbidezza del corpo, lustro, chiarezza di mente ed intelligenza dipendono dall’azione normale di Pitta.
Oleosità, coesione, stabilità, pesantezza, potenza sessuale, forza, tolleranza, fermezza ed appagamento dipendono dall’azione normale di Kapha.
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Partiamo dal significato sanscrito della parola Dosha.
Dosha deriva dalla radice sanscrita DUS, che significa corrotto, diffettoso, impuro.
La sua traduzione è dunque errore, difetto.
Perchè un’accezione negativa? Perchè i Dosha sono ciò che molto facilmente si corrompe all’interno dell’organismo, e che viziati portano il corpo e la mente alla malattia.
COSA SONO REALMENTE I DOSHA?
Sono i principi regolatori della fisiologia umana, basati sulla manifestazione nel corpo dei cinque stati della materia e dei loro principi in natura.
Quando parliamo di Āyurveda tutto ciò che tocchiamo si ricollega alla natura e alle sue funzioni. L'essere umano non è qualcosa che si discosta dall'ordine naturale e quindi ciò che si esprime fuori, è espressione anche dentro.
I PANCHA MAHĀBHŪTA, i cinque elementi della materia presenti in tutto ciò che esiste, secondo la cosmogonia del Samkhya alla quale l’Āyurveda si rifà per spiegare l’origine del mondo, sono:
ĀKĀŚA - etere - il principio dello spazio in cui può esistere ed è contenuta la materia;
VĀYU - vento - il principio del movimento;
TEJAS - fuoco - il principio di trasformazione;
JALA - acqua - il principio di liquidità e coesione;
PRTHIVĪ - terra - il principio di solidità, della forma e della struttura.
Quando parliamo di fuoco, non dobbiamo pensare a un fuoco che brucia dietro il nostro ombelico mettendo in circolo ciò che ha trasformato, ma alla funzione che il fuoco in quanto elemento ha in natura. Il principio di trasformazione, non il fuoco in sè. La sua funzione in relazione con gli organi e le cellule del nostro organismo deputati a determinati compiti.
Quando pensiamo al vento, non dobbiamo pensare a un monsone che soffia imperterrito tra le nostre cellule, ma a tutto ciò che è movimento all’interno del corpo. Al sistema nervoso, al flusso sanguigno nelle vene, alle braccia e alle gambe che si muovono nello spazio.
E così discorrendo. Dedicherò dei singoli post a ogni singolo Mahābhūta non mi dilungherò in questo senso ora.
Dunque i Dosha sono i principi che, basandosi sulle funzioni dei cinque elementi che possiamo osservare in natura, regolano il funzionamento del corpo.
Quando uno dei principi è in eccesso o in difetto, si crea un disequilibrio che può portare a malattia.
A breve nuovo post per entrare ancora più a fondo nell’argomento.
“Vanno considerati compagni della vita e distruttori delle malattie quei medici che sono di buona famiglia, che hanno ricevuto un insegnamento perfettamente puro, che hanno esperienza pratica, che sono abili, puri, padroni dei loro atti e del loro spirito, forniti di tutti gli strumenti, aventi tutti i sensi ben funzionanti, conoscitori della condizione di normalità delle procedure.
Medici di tal tipo sono liberi da dubbi sull’intera conoscenza del corpo, della sua formazione, sulla conoscenza della normalità e della malattia… Essi sono dotati di memoria, intelligenza e conoscenza dell’impiego pratico del trattato. Grazie alle qualità del loro carattere essi nutrono un sentimento incrollabile e pieno di amichevolezza nei confronti di tutte le creature, simili a una madre, un padre, un fratello o un parente.
O Agniveśa, essi sono i compagni della vita ed i distruttori delle malattie!”
(Caraka Samhita, SS cap. XXIX, 6-7)
Dalle domande che mi vengono fatte noto che c’è un po’ di confusione rispetto al ruolo del medico in Āyurveda. Cosa fa? Chi è? Ma è proprio un medico? O ha solo studiato per fare il medico ayurvedico?
FACCIAMO CHIAREZZA
Nella medicina ayurvedica, come indicato nei testi, il presupposto per far si che la terapia sia una terapia di successo è la presenza di quattro figure, definita chatuspada:
MEDICO - bhishak
TERAPISTA - upasthata
LE SOSTANZE TERAPEUTICHE - dravyiani
PAZIENTE - rogi
“Il medico, il terapista, la sostanza terapeutica, e il paziente, sono le quattro membra della terapia, ognuno di questo ha quattro qualità”
(Aṣṭāñga Hṛdayam, SS cap I, IV)
Medico e terapista operano in sinergia, attraverso l’utilizzo dei farmaci, dei trattamenti, dell’accompagnamento del paziente a un cambio di abitudini, stile di vita, alimentazione, per la cura della malattia o per il mantenimento della salute.
Si, perché gli scopi della medicina ayurvedica sono quattro e sono: prevenire le malattie, mantenere la salute, curare la salute, promuovere la longevità.
Fatta questa premessa, il medico ayurvedico è un medico a tutti gli effetti, con una laurea in medicina e una specializzazione in medicina ayurvedica.
Soltanto il medico può prescrivere farmaci ai pazienti. I farmaci ayurvedici sono principalmente preparati di erbe (dico principalmente perché in India esistono farmaci composti da minerali, grassi animali, cereali fermentati, ecc…) ma molto tiksna, e suksma, capaci di mirare al bersaglio in maniera diretta e quindi mantenere i dosha e i guna in equilibrio o equilibrarli qualora fosse necessario.
Se i farmaci presi non sono adeguati allo stato di salute attuale, anche se si pensa che l’Ashwagandha sia un toccasana per vata perché è stato letto su un libro/rivista/documento/internet, non è assolutamente detto sia benefico nel momento preciso in cui si decide di assumerlo se non si ha un’approfondita conoscenza dei guna, dei dosha, e della propria prakrti.
Questo per spiegare che non esiste nulla che vada bene per tutti, così come non c’è nulla che faccia estremamente bene o estremamente male, dipende tutto da chi siamo e da cosa abbiamo bisogno in un determinato momento della vita.
Sconsiglio l’assunzione dei farmaci fai-da-te in generale.
Questo per dire che per l’assunzione dei farmaci e per l’analisi di uno squilibrio, c’è bisogno di un occhio clinico e di una conoscenza terapeutica ampia, che solo la preparazione di un medico può dare.
Spesso si pensa alle medicine tradizionali come medicine “alternative” per aiutare a curare lievi disturbi in maniera naturale. Ma le medicine tradizionali affrontano ogni tipo di tema, comprese patologie molto gravi, quali morbi, tumori, paralisi, e via discorrendo.
Il medico ayurvedico E’ un medico.
E qui cito il Dott. Antonio Morandi che dice "quando un medico moderno impara la medicina ayurvedica c'è un'esplosione di conoscenza".
Il ruolo del terapista è altrettanto importante, ma diverso.
Un buon terapista è sicuramente in grado di riconoscere ciò di cui avete bisogno attraverso l’osservazione. Conosce i guna della natura, conosce l’espressione dei dosha e saprà sicuramente farvi del bene attraverso la sua preparazione fatta di studio e di esperienza diretta.
I pazienti che si rivolgono a me con problematiche gravi, o patologie/problematiche da dover smuovere, li invito a contattare il medico perché solo così si potrà avere il miglior risultato possibile, fatto di reale conoscenza e zero approssimazione.
Questo per dire che SI, il medico ayurvedico E’ UN MEDICO. Non credete a null’altro. Le mani nelle quali vi affidate sono mani competenti, sicure, con uno sguardo ampio a 360° sul mondo, la natura, la vita, e la realtà.
Per maggiori informazioni o curiosità non esitate a contattarmi, sarò lieta di condividere con voi quello che ad oggi conosco.
MUKHA ABHYAṄGA
Nella stagione invernale si manifesta spesso il problema della presenza di muco nelle vie aeree superiori.
Il naso è chiuso, si percepisce catarro sotto la fronte, attorno agli occhi, sotto le guance.
Questo succede perchè, secondo la medicina ayurvedica, e quindi secondo la natura della realtà, nel periodo invernale, quando il freddo esterno è forte, la componente kapha del corpo, che è formata da i mahābhūta (grandi elementi) terra e acqua, si “congela”.
Questo è un bene, perchè permette ad agni, il fuoco digestivo, l’elemento che permette al corpo di trasformare tutto quello che introduciamo e renderlo utilizzabile per la psicofisiologia dell’essere umano, di essere contenuto e continuare a lavorare come sotto una campana di vetro. Protetto.
Qualcosa nel passaggio del congelamento di kapha però può non funzionare alla perfezione, e dunque gli elementi terra e acqua maggiormente presenti all’interno del corpo in questo dato momento dell’anno si sciolgono, non mantengono la loro compattezza.
Kapha dosha ha la sua sede nella parte alta del corpo e nelle vie aeree, ed è così che ci si sente chiusi, tappati, con la testa pesante, e il naso che cola.
Per assorbire kapha dosha in eccesso ed aprire i canali il Mukha Abhyaṅga, ovvero il trattamento ayurvedico dedicato al viso, con al termine un Lepa di Rasnadi Choorna, è un toccasana per risentire la testa leggera, e la funzionalità respiratoria più libera.
TAPAH SVĀDHYĀYA ĪSVARAPRANIDHĀNĀNI KRIYĀYOGAH
PATANJALI, YOGA SŪTRA II-I
Qualsiasi cammino si decida di intraprendere nella vita ha bisogno di una base solida per essere percorso e per far maturare i suoi frutti.
Questa base solida è la volontà.
Che si parli della propria evoluzione come individui, o che si parli della propria salute, per far si che le cose cambino e venga effettuata una modifica nella propria persona, è necessario volerlo, ardentemente.
Sembra scontato ma oggi giorno è più facile cercare la soluzione al di fuori, delegare la propria salute e la propria condizione a fattori esterni, senza considerare che la matrice del cambiamento siamo noi. E’ e parte dall’interno.
L’Āyurveda è una medicina dura, che domanda qualcosa di complesso alla persona: CAMBIARE.
Cambiare le proprie abitudini, il modo di vedere le cose, di nutrirsi, di organizzare la propria giornata.
Per fare questo ci sono dei validi, validissimi supporti quali le preparazioni erbali, i trattamenti manuali, lo yoga e la meditazione, il dinacarya (la routine igienica quotidiana), la figura del medico e quella del terapista - UPASTATA- (upa - colui che sta; stata - vicino a, quindi colui che sta vicino al paziente durante il cammino di trasformazione), ma è necessario portarsi in una auto osservazione ed auto analisi per cambiare, guarire, modificare schemi nocivi per la propria persona e dunque per gli altri, dal momento che siamo tutti connessi in un sistema di relazione e scambi che va ben oltre la salute e lo stare bene del singolo individuo.
Tapah svādhyāya Īsvarapranidhānāni kriyāyogah - sono i versi con i quali inizia il Sādhana Pāda degli Yoga Sūtra.
Ovvero, così come tradotti e commentati da B.K.S. Iyengar: il desiderio ardente nella pratica, lo studio di se stessi e delle sacre scritture, l’arrendersi a Dio, sono le azioni dello yoga.
Il desiderio ardente di fare della propria vita ciò che sentiamo dal cuore, seguire il proprio dharma, vivere in salute per fare nel mondo le cose del mondo che vanno fatte attraverso la conoscenza di chi ne ha fatta esperienza prima, e la conoscenza profonda di noi stessi, sono la strada per la salute, per il perseguimento del proprio dharma, e per la propria realizzazione come esseri umani.
La volontà, è la matrice di tutto questo.
DHARMĀRTHA KĀMA MOKSĀNĀM ĀROGYAM MŪLAM UTTAMAM
C.S. SS I-XV
“La salute è la fonte primaria dell’ordine del mondo, della prosperità, dell’amore e della liberazione.”
Caraka Samithā, Sūtrasthāna I-XV
E’ con queste parole che Caraka illustra in quello che è il trattato più antico redatto sull’Āyurveda, i Pāda Artha, ovvero i quattro propositi della vita umana:
DHARMA - la giusta azione, l’azione in armonia con l’universo, la giusta collocazione nel mondo;
ARTHA - la prosperità, gli oggetti materiali, necessari per la vita;
KĀMA - l’amore passionale, romantico, sensuale;
MOKŠA - la liberazione. Sciogliere i legami che non permettono l’ascesi spirituale.
Tutto quello che viene eseguito seguendo la scienza dell’Āyurveda, è fatto per avvicinarsi ai quattro propositi della vita e far si che si possa giungere alla liberazione attraverso l’espletamento del proprio dharma, in accordo con l’ordine universale.
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© 2022 Monica Rucci